C’è chi la punteggiatura la mette dove capita, certo, sa che è necessaria, è convinto che quei piccoli segni di interpunzione dovrebbero, più o meno, segnare le pause nel discorso, spiegare meglio e dare significato al testo, ma dove esattamente si debbano inserire è lasciato al caso; c’è chi di segni di interpunzione riempie il testo, perché molto è meglio di poco e poi, come diceva Totò a Peppino, meglio non rischiare che dicano “che noi siamo provinciali, siamo tirati”, quindi “Fai vedere che abbondiamo… Adbondandis in adbondandum…”; c’è infine chi, per prudenza, di punti, virgole, punti e virgole, due punti è parco, risparmia sulla punteggiatura come si risparmia sulla spesa (ma mai sui punti esclamativi, quelli non si pagano…).

Punteggiatura al posto giusto

Quando parliamo, è tutto più semplice: le parole, il tono della voce, la mimica facciale, i gesti e i movimenti del corpo aiutano a rendere immediatamente comprensibile il nostro messaggio.
Quando scriviamo diventa più complicato. Ci viene allora in soccorso la punteggiatura, che fornisce a chi legge preziose informazioni aggiuntive, di fatto prendendo il posto della mimica, della gestualità, del tono, benché essa non abbia semplicemente un ruolo sostitutivo dell’intonazione, tutt’altro.

Ho effettuato le analisi del sangue e ho alcuni valori fuori norma. Il mio medico ha deciso di prescrivermi una dieta e mi ha inviato subito un messaggio Whatsapp, intimandomi di cominciare da quel giorno stesso.
Nel messaggio è scritto:

Dieta per 30 giorni: a pranzo carne bianca e verdura; alla sera frutta, pesce e insalata a volontà.

Benissimo, sono ghiotto di frutta e così la sera stessa ne mangio in abbondanza. Il giorno dopo lo riferisco al mio medico e lui si arrabbia. Perché mai? Perché uno dei valori anomali è riferito alla glicemia e mangiare troppa frutta non va bene. Replico che il suo messaggio era chiaro: posso mangiare a volontà frutta, pesce e insalata, ma lui chiarisce che il solo alimento che posso mangiare a volontà è l’insalata.

Il mio medico è bravissimo, ma in questo caso il suo messaggio è stato ambiguo, infatti Il sintagma “frutta, pesce e insalata” può avere una doppia interpretazione: quel ‘a volontà’ può riferirsi all’intero sintagma, quindi a tutti e tre gli alimenti oppure solo all’ultimo, l’insalata appunto. Per evitare l’ambiguità, avrebbe dovuto aggiungere una virgola dopo ‘pesce’

Dieta per 30 giorni: a pranzo carne bianca e verdura; alla sera frutta, pesce, e insalata a volontà.

La virgola decodifica il significato ed è chiaro che l’unica cosa che posso mangiare a volontà è l’insalata.

Punteggiatura, non solo questione di sintassi, ma di comunicazione

Rimaniamo in tema di cibo. Uno degli esempi più popolari, che a strappa un sorriso a tutti, è quello del nipote e della nonna. Se scrivo:

Vado a mangiare, nonna.

è chiaro che siamo di fronte al nipote premuroso che avvisa la nonna, dicendole che sta per andare a pranzo.

Se togliessimo la virgola

Vado a mangiare nonna.

avremmo a che fare con un nipote antropofago che si appresta a banchettare con la nonna appena cucinata, poiché l’assenza di virgola ha trasformato la povera vecchietta nel complemento oggetto del verbo ‘mangiare’.

Senza voler complicare troppo le cose, possiamo affermare che la punteggiatura non è solo una questione di sintassi da rispettare: nel caso del nipote e della nonna, ad esempio, la sintassi è rispettata in entrambi gli esempi, quello che cambia è ciò che comunichiamo.

Per un punto Martin perse la cappa

Le ambiguità e i controsensi possono essere lì, subito dietro l’angolo. L’espressione “per un punto Martin perse la cappa” fa riferimento, così vuole la tradizione, a Martino, abate del monastero di Asello, che perse la cappa (il mantello) di abate proprio per un errore di punteggiatura che aveva stravolto completamento il testo di un’iscrizione. Martino doveva affiggere sul portone del monastero un avviso che avrebbe dovuto essere compassionevole e accogliente verso tutte le persone perbene.

La frase corretta era:

Porta patens esto. Nulli claudatur honesto

ovvero “La porta sia aperta. A nessuna persona onesta sia chiusa”. Nell’iscrizione, però, il punto venne spostato e il significato cambiò.
Nell’avviso fu scritto

“Porta patens esto nulli. Claudatur honesto”

quindi “La porta non sia aperta a nessuno. Sia chiusa agli onesti”. Porta chiusa e addio cappa da abate per Martino.

Una virgola per vivere, una per morire

Per rimanere al latino, nel Chronicon che il monaco cistercense Alberico delle Tre Fontane scrive nei primi decenni del milleduecento, è riportato il responso che la Sibilla vaticina a un soldato che le va a chiedere quale sarà l’esito della sua missione. La Sibilla, che per sua natura si diverte a ingarbugliare parole e frasi, gli lascia un tale oracolo:

ibis redibis non morieris in bello

Non essendoci punteggiatura, la frase può avere due significati opposti, a seconda di dove decidiamo di mettere le virgole:

ibis redibis, non morieris in bello

Il soldato vive: la virgola è posta dopo il secondo verbo, quindi il responso è positivo per il milite (“Andrai, ritornerai, non morirai in guerra“)

ibis redibis non, morieris in bello

Il soldato muore: qui la virgola è posta dopo la negazione e prima di “morieris”, in tal caso per lo sventurato soldato non ci sarà nulla da fare (“Andrai non ritornerai, morirai in guerra“).

La mancanza di interpunzione rende oscuri non solo i responsi delle Sibille, ma anche le affermazioni dei filosofi. Il filosofo ‘oscuro’ per eccellenza è Eraclito di Efeso, greco, vissuto fra il IV e il V secolo prima di Cristo. A ribattezzarlo ’oscuro’ è un altro grande filosofo, Aristotele, che, a proposito di punteggiatura, nel terzo libro della Retorica, scrive:

«Infatti è difficile il compito di punteggiare le frasi di Eraclito, perché non si capisce a quale termine una parola sia collegata, se con uno precedente o con uno successivo. Ad esempio all’inizio della sua opera egli dice “di questa ragione che esiste sempre ignoranti sono gli uomini”. Qui non è chiaro se il ‘sempre’ vada congiunto con la parola che lo precede oppure con quella che lo segue».

Premesso che l’oscuro Eraclito la virgola non l’avrebbe potuta mettere, perché ai suoi tempi non si usava ancora – ma avrebbe potuto adoperare, però, altri segni per indicare la separazione del discorso – è chiaro che senza un segno di interpunzione, quel ‘sempre’ risulta ambiguo. Si riferisce alla “ragione” che esiste da sempre oppure sono gli uomini che sono ‘sempre’ ignoranti e non comprendono mai il logos (la ragione)?

Scriver bene significa (anche) saper usare i segni di interpunzione

Su quanto la punteggiatura possa rovesciare il senso di una frase, insiste anche la linguista, grammatica e studiosa di retorica Bice Mortara Garavelli (autrice di quel manualetto colto e indispensabile che è il “Prontuario di punteggiatura”, edito da Laterza, ancora il migliore che si trovi in commercio per chi vuole avvicinarsi alla materia). Ci sono due esempi che la studiosa riporta e che fanno al caso nostro. Nel primo, le frasi esaminate sono queste:

Non ha giocato come tutti si aspettavano.
Non ha giocato, come tutti si aspettavano.

Se pronunciassimo questa frase chiacchierando al bar con un amico, sapremmo benissimo quando fare una breve pausa, su quale parte mettere più forza, ma se dovessimo scriverla, allora mettere o non mettere la virgola cambierebbe completamente il significato.

Vogliamo far capire che l’atleta ha avuto una prestazione scarsa, insomma non ha giocato al meglio, come invece tutti si sarebbero aspettati? Allora la frase da usare è la prima, dove è assente la virgola.
Se, invece, vogliamo spiegare che l’atleta non è nemmeno entrato in campo, è restato in panchina, come del resto tutti ci aspettavamo, allora la frase è la seconda, con la virgola prima di ‘come’.

Nel secondo esempio la virgola ci permette di allargare a dismisura il senso di una nostra affermazione:

Non seguo i programmi televisivi che mi sembrano scadenti.

In questo caso il senso è chiarissimo: guardo la tv, ma non tutto, infatti rifiuto di seguire quei programmi che mi sembrano scadenti.

Proviamo ora ad apporre una virgola prima della relativa:

Non seguo i programmi televisivi, che mi sembrano scadenti.

Qui il senso è uno solo: non guardo proprio la tv, poiché i programmi (tutti in programmi) mi sembrano scadenti; la virgola ha eliminato il valore restrittivo della frase e inserita prima del ‘che’ fa capire che per il nostro nostro interlocutore tutti i programmi televisivi paiono scadenti.

La punteggiatura efficace evita i controsensi

Di curiosi controsensi scrive anche Antonio Frescaroli nel suo “La punteggiatura corretta, la punteggiatura efficace” (pubblicato da De Vecchi Editore nel 1968, introvabile, se non in qualche bancarella di libri usati):

L’uomo puntò il dito, tremante.

La virgola è sacrosanta fra il dito e tremante. Se, infatti, scrivessimo “L’uomo puntò il dito tremante” a tremare sarebbe il dito e non l’uomo. La virgola specifica, ci fa capire che l’uomo punta il dito e nel farlo è tremante.

Hai qualche altro esempio da segnalare a Scuola Passaggi? Puoi scrivere a scuolapassaggi@gmail.com

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